mercoledì, ottobre 25, 2006

Solo dalla povertà

Dettato solo dalla povertà, era "l'eskimo innocente" di Guccini; e dettato solo dalla povertà e non da una deprecabile inclinazione modaiola o dalla fiera consapevolezza degli animalisti militanti, è il veganesimo di questa ricetta che non contiene alcun derivato animale. Questi Biscottini al vino bianco, che posto qui per il Meme dei biscotti di Cannella, sono tipici del paese di cui è originario mio marito, posto nell'entroterra campano ed arroccato sull'appennino, freddissimo d'inverno e per la verità anche d'estate, dove credo ci fosse ben poco da sperperare nei gelidi e lunghi inverni contadini. Per prepararli occorrono:
  • un bicchiere di vino (che mancasse anche il pane ma da bere lì non manca mai!)
  • un bicchiere di olio extravergine di oliva (che se l'annata è buona gli olivi secolari lì non mancano)
  • un bicchiere di zucchero (si, sempre un bicchiere chi volete che ce l'avesse in casa una bilancia?)
  • e farina "quanta se ne tira" (metodo scientifico rigorosissimo per il calcolo della farina spiegatomi da nonna Maria Vincenza, classe 1915, altri 100 con buona salute!)
Si fa la fontana con la farina setacciata, si mescolano al centro tutti gli altri ingredienti, si impasta fino a formare una palla liscia ed elastica. Poi si fanno dei lunghi "salsicciotti" spessi un dito, e si piegano a cerchio in forma di tarallino. Si passano rapidamente in un altro po' di zucchero e si dispongono sulla placca del forno foderata della apposita carta per circa 20 minuti a 180° (mi dicono coloro i quali hanno provato a farla che in realtà occorrono oltre 30 minuti di cottura, ma come sapete il mio forno è micidiale...) facendo grande attenzione agli utlimi minuti di cottura perchè bruciano appena passano il tempo!
E parafrasando sempre il buon Guccini, bisogna saper scegliere in tempo, non arrivarci per contrarietà, oggi mangiare semplice è di moda, per fame lo era già 100 anni fa!

lunedì, ottobre 23, 2006

Il numero perfetto

Ho già più volte detto in questo blog, che sono convinta che dietro molti luoghi comuni, si celano grandi verità. Restano esclusi da questa mia teoria, tutti quelli che danno luogo a razzismi di ogni tipo e forma, perchè dietro questi, di solito, ci sono storicamente solo interessi economici.
Quelli invece sulle stagioni, sulla natura, sulle proprietà di alcuni cibi, a mio parere originano da qualche verità aracaica che nella evoluzione - necessaria e bene accolta si intende - del progresso scientifico, abbiamo smarrito quasi come in una sorta di effetto collaterale.
Fanno parte di questa categoria, tutte le misteriose leggi cabalistiche che governano i numeri, e quelle meno imperscrutabili, per lo meno per me dato il mestiere che faccio, della geometria.
Se tre è il numero perfetto, c'è dunque un motivo, e la conferma è anche nella perfetta riuscita di questa Torta al cioccolato, dove il frutto che
Jorge Amado definiva "d'oro", compare tre volte e sotto tre forme diverse.
Vi occorono dunque per uno stampo a ciambella di 25 cm di diametro:
  • 100 gr di cioccolato fondente al 70%
  • 100 gr di gocce di cioccolato fondente
  • 75 gr di cacao amaro
  • 250 gr di farina 00
  • 125 gr di burro
  • 125 gr di latte intero
  • 250 gr di zucchero
  • 3 uova
  • 2 cucchiaini di lievito per dolci

Montate i tuorli con lo zucchero, aggiungete la farine e il cacao sciolto pazientemente nel latte appena tiepido. Aggingete ancora il cioccolato fondente ben sciolto a fuoco lento o nel microonde e il burro sciolto nello stesso modo. Mescolate il lievito ad un dito di latte e inseritelo nel composto al quale aggiungerete i bianchi montati a neve fermissima mescolando delicatamente. In ultimo inserite le goccie di cioccolato fondente infarinate, come ci insegna l'archiniere, affinchè non si depositino sul fondo, e versate nello stampo imburrato e infarinato, infornando in forno già caldo a 180° per 35-40 minuti. Non dimenticate sempre come insegna Cat, di coprire con un foglio di carta da forno umido.

La torta al cioccolato è una ricetta banale come banali sono i luoghi comuni; ma come tramite di essi si toccano per un momento frammenti di verità eterne così, a mio parere, è nella semplicità delle basi che in cucina, si raggiungono vette inaspettate.

venerdì, ottobre 20, 2006

Frammenti

Come vi ho già raccontato, per me non è tempo di cucinare, e per la verità non è tempo di fare molto altro. Infatti è da tantissimo che non vado a fare la spesa e cosi come nei cassetti, cominciano ad apparire i primi calzini spaiati e le mutande di due taglie fa, segno evidente di lavatrici accumulate, nella dispensa fanno la loro comparsa, i tipici "frammenti" di quella che fu una fulgida spesa, e che ora giacciono, analogamente al calzino, "spaiati", perchè nessuno di questi ingredienti fù pensato per coniugarsi con quelli che gli sono di fianco.
Quando poi addrittura manca il classico pacco di spaghetti per fare un banale quanto rinfrancante "aglio e olio", significa che si sta raschiando il fondo del barile...
Oggi però, quali gloriosi reperti di un tempo felice in cui in questa casa si invitavano persino delle persone a cena, venivano rinvenuti 3 splendidi gamberi surgelati e mezzo pacco di spaghetti alla chitarra, questi ultimi rovina certamente appartenente a qualche altro festino vista la attitudine di questo fromato di pasta ad accompagnare i sughi di carne. Una zucchina certamente transgenica - non esiste in natura nulla che possa vivere un mese senza decomporsi sia pure in frigorifero - e dei pomodorini provvidenzialmente inviatimi da mia suocera la scorsa settimana, completano questi Spaghetti alla chitarra con gamberoni e zucchine, di cui ovviamente non posterò la ricetta, essendo essa figlia del caso e dunque, per sua natura, inafferrabile.
Però, come diceva qualcuno, a volte il caso diventa causa...e devo dire che in fondo questo formato di spaghetti ruvido, con la sua insolita sezione quadrata, con il pesce, non ci sta poi così male!

martedì, ottobre 17, 2006

Funziona!

Come ho più volte racontato, mettendo apposito post, il mio forno fa le bizze. E dire che lo avevo scelto per bene! Non so perchè ma cuoce molto la "superfice" e poco l'interno anche se adoperato a temperature basse. Ma non so per quale mistero, la cosa mi acade solo con i dolci. Quiche, torte salate, arrosti e patate, sono sempre cotti alla perfezione, ma le paste lievitate no.
Ora siccome il signor marito-cuoco, non fa colazione a meno che non abbia il dolcetto del mattino preparato con le manine sante di sua moglie (l'alternativa è pane e marmellata, sempre preparata con le suddette manine sante) mi ero attestata su crostate e tarte tatin che non prevedevano lievitazioni. Ma un belplum cake come quello di Kiaretta mi mancava. E' bastato un foglio di carta da forno sulla superfice però a darmi finalmente un ottimo risultato. Il forno va sempre per cavoli suoi, ma almeno noi facciamo colazione come si deve.
Questo Plum cake ai lamponi (ma potete usare pressocchè qualsiasi frutta) si prepara con il metodo dei "vasetti", quello della famosissima (ma lo è porprio perchè "funziona") torta allo yogurt. Gli ingredienti per uno stampo classico sono:
  • 1 vasetto di togurt ai lamponi
  • 2 vasetti di zucchero
  • 3 vasetti di farina
  • 1 vasetto di olio di semi o 120 gr di burro
  • 3 uova
  • 150 gr di lamponi
  • 2 cuchiaini di lievito per dolci
  • 1 cucchiaino di bicarbonato
  • 1 dito di latte
  • zucchero a velo per la superfice

Montate i tuorli con lo zucchero fino a renderli spumosi, aggiungete yogurt e farina e mescolate sempre con le fruste per non fare grumi. Montante a neve gli albumi. Aggiungete al composto di uova e farina, il burro fuso e il lievito con il bicarbonato sciolti in un dito di latte. Incorporate delicatamente gli albumi. Non mescolate (come ho fatto io in un momento di distrazione) i lamponi al composto, pena il ritrovarveli tutti sul fondo dello stampo, ma versate il preparato in uno stampo molto ben imburrate e infarinato e solo dopo cospargetelo con i lamponi che affonderanno per gravità distribuendosi (credo) un po' meglio. Infornate a 180° in forno già caldo per 30-35 minuti.

E se avete problemi di forno, coprite con un foglio di carta apposito!


domenica, ottobre 15, 2006

Quando la moglie è in vacanza

In questo periodo sono tutt'altro che in vacanze. Sto lavorando a ritmi folli, tanto da non trovare neanche il tempo per cucinare, fatto gravissimo per una food-blogger ed estremamente indicativo del tasso di stress della sottoscritta. Infatti non c'è nulla che mi rilassi quanto cucinare, ed il non poterlo fare, aggiunto al super lavoro produce effetti decisamente deleteri sul il mio umore.
Il titolo si riferisce dunque alla vacanza dai fornelli cui la sottoscritta è costretta da qualche giorno - e lo sarà, sappiatelo, fino alla fine di novembre - che ha convinto mio marito, che solitamente lavora molto piu di me, a rispolverare il suo cavallo di battaglia, un piatto semplicissimo quanto "d'effetto", La pasta al gratin, che per 6 persone buone forchette, si prepara così:
  • 500 gr di rigatoni
  • 200 gr di provola affumicata
  • 200 gr di fiordilatte
  • 100 gr di parmigiano grattugiato
  • 250 gr di besciamella
  • 150 gr di pane grattugiato
  • pepe nero macinato al momento

Preparate la besciamella, mettete su l'acqua per la pasta, tagliate fiordilatte e provola a dadini. Scolate la pasta molto al dente, mescolatela nella pentola con la besciamella e il parmigiano, ma assolutamente non con i formaggi freschi, pena il ritrovarvi con una informe palla filante sul fondo della pentola. Ponete metà della pasta in una teglia, versateci i dadini di provola e firodilatte, ricoprite con la pasta rimanente. Ricoprite tutto con uno strato di pane grattugiato (mio marito lo fa con le fette biscottate, ritiene sia insuperabile). Infornate sotto il grill fino a quando la superfice della pasta non sia dorata e croccante. Servite caldissimo e con abbondante pepe nero macinato al momento.

Dimenticavo...grazie marito!

mercoledì, ottobre 11, 2006

Trovati!!!

Ce l'ho fatta! Ho trovato i pomodori verdi anche qui nel "paese do' sole"!
Ringrazio tutti quelli che prima di me si sono cimentati in questa impresa, chutney, confettura o marmellata che sia, perchè dalla interpolazione delle loro ricette, è venuta fuori una cosa davvero niente male! E poi io adoro le "imprese collettive", e quindi ringarzio
Fiordizucca perché la sua ricetta mi ha convinto a osare con il piccante, e ne valeva la pena, Gloricetta, perché mi ha persuasa che c'è sempre una prima volta e non è detto sia disastrosa, Gourmet perché è così brava che è l'unica a cui i pomodori in cottura sono rimasti verdi, e i Cuochi di carta , perchè con il loro post sono riusciti a costruire una vera antologia del pomodoro verde, e tutti gli altri food-blogger che certamente hanno postato ricette con il pomodoro verde che ho visto, assimilato e che ora non rammento.
Questo Quasi chutney di pomodori verdi, (il quasi è perchè il primo che fai non sai mai se corrisponde "al vero") si prepara così:
  • 1 kg di pomodori verdi
  • 750 gr di zucchero di canna
  • 1 pezzo di zenzero grattugiato
  • 1 peperoncino mooooolto piccante
  • 1 stecca di cannella
  • 5 chiodi di garofano
  • 1 pizzico di sale

La sera prima mettete i pomodori tagliati in piccoli pezzi a macerare con gli aromi, ricoperti di zucchero. Il mattino seguente, ponete la pentola sul fuoco bassissimo e fate cuocere circa un ora(se il fuoco è davvero basso, non occorre girare di continuo, ma restate nei paraggi). Passata l' ora, eliminate la stecca di cannella e i chiodio di garofano e continuate la cottura ancora per un ora sempre a fuoco lentissimo. Metre la marmellata ancora bolle, versatela in vasetti pulitissimi, sterilizzati e non troppo grandi (un preparato dal gusto così particolare e piccante non è che vada via in una giornata...), incoperchiate e lasciateli capovolti su un tavolo sotto un canovaccio fino a quando non si siano raffreddati del tutto.

Solitamente si serve con le carni, sopratutto lesse, ma io ho una mezza idea con dei formaggi...vabbè, vi farò sapere, stavolta tocca a me fare da pioniere!

lunedì, ottobre 09, 2006

Stavo scherzando!

Dedico questa torta, in segno di pace, all'anonimo ingegnere, di cui ho inconsapevolmente, giuro, urtato la sucettibilità con paio di commenti nel divertentissimo blog I Dentici. Dato il contenuto prettamente goliardico del blog, le mie parole volevano essere assolutamente adeguate al tono dello stesso. Mi rendo conto però che monitor e tastiera non filtrano sorrisi e sguardi e che gli intenti scherzosi che si celano dietro certi toni da maestrina saccente, possono essere percepiti in tutt'altro modo.
D'altra parte, non riuscirei a trattare certi arogmenti nella brevità di un paio di commenti ad un blog e che per giunta verte su tutt'altro, se non in maniera scherzosa, proprio perchè me ne occupo quotidianamente, ed in maniera piuttosto specifica, nelle ricerche che da quasi dieci anni svolgo per l'università.
Trovo invece molto divertente l'idea di andare in giro a "caccia" di edifici apparentemente "identici". Ma così come certe somiglianze fra gli individui sono tali solo se si accostano determinate foto acquisite da certe angolazioni e svaniscono se si modifica il punto di vista, credo, e stavolta lo dico seriamente, che qualcosa di analogo avvenga per gli edifici a seconda degli elementi che della loro complessa realtà vengono presi in esame.
Veniamo ora al dolce che è sì dolce, ma poiché le sue ragioni si fondano su un attrito, per quanto assolutamente non voluto, ha delle note aspre e dure come quelle del lime e delle mandorle. Per queste ragioni, non poteva essere un dolce al cucchiaio, cedevole e morbido, ne un soffice pan di spagna, ma una crostata, con la sua consistenza croccante, a redimere la questione!
Dunque questa Crostata di mandorle e lime al cioccolato bianco, (eh si, ce l'ho messa una nota dolce, se no che che pace sarebbe?) si prepara così:
per la pasta frolla:
  • 300 gr di farina
  • 150 gr di burro
  • 3 tuorli
  • 100 gr di zucchero
  • 1 pizzico di sale
  • scorza grattugiata di limone

per la farcitura:

  • 150 gr di cioccolato bianco
  • 150 di madorle tritate
  • 150 gr di zucchero
  • 1 lime
  • 5 uova
  • 150 gr di burro
  • zucchero a velo per ricoprire

Fate una fontana con farina, sale, limone grattugiato e zucchero, mettete il burro a pezzetti e amalgamatelo rapidamente facendo tante bricioline. Unite i tuorli e lavorando sempre rapidamente la pasta e con le mani fredde, incorporateli all'impasto che metterete in frigo avvolto nella pellicola per mezz'ora circa. Nel frattempo sbattete i tuorli della farcitura con lo zucchero, aggiungete il succo del lime e montate a neve i bianchi. Sciogliete il cioccolato sul fuoco a bagnomaria e quando sarà sciolto, incorporatevi il burro. Unite questo composto a quello di tuorli e zucchero ed incorporatevi gli albumi lentamente senza smontarli. Mettete un po' di farina su una spianatoia, stendete la frolla, foderate uno stampo (quadrato nel mio caso, ma l'ing. lo sa che ho le mie buone ragioni per adoperare questa forma...) prima con della carta da forno e metteteci dento la pasta che riempirete con il ripieno di uova e cioccolato. Ricoprite il tutto di mandorle tritate che farete leggermente affogarre nell'impasto. Mettete in forno a 160° per 50 minuti, ricoprendo con carta da forno per evitare che colorisca troppo. Terminata la cottura, una volta raffeddato, sformatelo e ricopritelo con abbondante zucchero a velo.

Ah, dimenticavo...a proposito di somiglianze: questo dolce nella farcitura somiglia spudoratamente alla "caprese bianca" della mia amica Tizy...chissà perchè!

sabato, ottobre 07, 2006

United colors of marmalade

Era da un po di tempo che le avevo fatte ma non avevo avuto il tempo di postarle. Dopo che l'autorevole Cavoletto, aveva sdoganato il fruttapec, come molte di voi ci ho provato anche io...
Che dire? Che mi ha consentito in poco più di un ora (escluso il tempo di raccolta della frutta...ebbene si ho fatto con le mie manine anche quello) di confezionare ben tre marmellate, una di more (la nera), una di fichi(la rossa) e l'altra di prugne (la gialla).
Per la Marmellata di more, occorrono:
  • 1 kg di more
  • 1/2 kg di zucchero
  • una busta di fruttapec

Schiacciate leggermente le more perchè altrimenti si sentono troppo i semini (alcuni le passano al passaverdure ma io non gradisco), mettetele in una pentola molto capiente, unite il fruttapec e lo zucchero, mettete sul fuoco vivace e dal bollore calcolate 3 minuti. Invasate in recipeinti puliti, sterilizzati e io consiglio piccoli, riempendo fino all'orlo. Capovolgeteli e lasciateli così sotto uno strofinaccio fino a quando non si raffreddano.

Per la Marmellata di fichi il discorso si allunga un pochino, per via del fatto che dovete sbucciarli, occorrono:

  • 1 kg di fichi mondati (circa 1,5 Kg con la buccia)
  • 1/2 kg di zucchero
  • una busta di fruttapec

Sbucciate i fichi, metteteli in una pentola molto capiente, unite il fruttapec e lo zucchero, mettete sul fuoco vivace e dal bollore calcolate 3 minuti. Invasate in recipeinti puliti, sterilizzati e io consiglio piccoli, riempendo fino all'orlo. Capovolgeteli e lasciateli così sotto uno strofinaccio fino a quando non si raffreddano.

La Marmellata di prugne è la più seccante, perchè le prugne vanno denocciolate e, cosa tediosissima, sbucciate, nonchè la più misteriosa: non chiedetemi perchè, ma ne è uscito un vasetto in più! La cosa contraddice nettamente una fondamentale legge fisica, quella di conservazione della massa che dice che nulla si crea e nulla si distrugge, ma siccome tutto si trasforma, è nel porcesso di trasformazione che andrebbe trovata la soluzione del mistero...sara il diverso contenuto d'acqua del frutto? Boh! Mentre vi scervellate, intanto vi dico che occorrono:

  • 1 kg di prugne sbucciate e denocciolate (circa 2 kg lordi)
  • 1/2 kg di zucchero
  • una busta di fruttapec

Mettete le prugne tediose in una pentola molto capiente, unite il fruttapec e lo zucchero, mettete sul fuoco vivace e dal bollore calcolate 3 minuti. Invasate in recipeinti puliti, sterilizzati e io consiglio piccoli, riempendo fino all'orlo. Capovolgeteli e lasciateli così sotto uno strofinaccio fino a quando non si raffreddano.

Dimenticavo, per preservarne i colori, non candeggiate e lavate in acqua fred...hem no, conservate in luogo fresco e asciutto!

venerdì, ottobre 06, 2006

Deutschland über alles

Eh si, bisogna dirlo, perderà sempre il mondiale contro di noi, ma la Germania nel campo della patata, è insuperabile! Questo piatto, l'ho mangiato a Friburgo, scegliendolo con il metodo "dito random" su un menù completamente in tedesco. Che dire? Mangiarle è stata un esperienza mistica! Se qualcuno riesce a riprodurne l'aspetto, perchè purtroppo non posso postarvi il sapore, me lo faccia sapere, con ricetta annessa ovviamente!

mercoledì, ottobre 04, 2006

Inganno

Gran parte della cucina napoletana, è basta sull'inganno. Dal famoso spaghetto a vongole fujute, fino al capretto fujuto anch'esso lasciando nel forno solo le patate con il rosmarino, moltissimi sono i piatti dove gli ingredienti "costosi", carne, pesce, burro etc..., compaiono in piccolissima, se non nulla quantità.
Questo deriva tanto dalla "poverta" purtroppo annosa di questi luoghi, quanto, e mi piace immaginare che c'entri anche questo, dalla proverbiale fantasia partenopea. Sono luoghi comuni lo so, e solitamente li detesto; ma benchè anche Milano abbia giornate di sole, è innegabile che un tantino di nebbia, quei 350 giorni l'anno, c'è! E se ci capita di incontrare un giapponese senza macchina fotografica...beh state pur certi che è solo perchè ce l'ha in borsa e se pure esisterà uno spagnolo taciturno, dall'altro lato ce ne sono due milioni completamente logorroici!
Questo per dire che molti luoghi comuni un fondo di verità ce l'hanno, e che oggettivamente al di la di molte altre considerazioni più serie da fare sull'argomento, a Napoli, a credo anche in Africa, in Asia, a Cuba etc..., frequentemente la fantasia è inversamente proporzionale al peso del portafoglio.
Ingannevole perchè profuma come una pastiera senza esserlo, e perchè è si un dolce, ma con quantità irrisorie, rispetto alla categoria, di burro e zucchero, Il migliaccio dolce napoletano, riesce con il profumo a compensare alla povertà delgi ingredienti che lo compongono.
Questo di oggi è in versione "ricca", ma vi sono ricette ugualmente ottime - e analogamente ancor più dietetiche - nelle quali il latte è sostituito dall'acqua, e la ricotta è completamente abolita a favore del solo semolino. Per realizzarlo occorrono:
  • 400 gr di ricotta
  • 200 gr di semolino
  • 500 gr di latte
  • 500 gr di acqua
  • 4 uova
  • 8 cucchiai di zucchero
  • 50 gr di burro
  • acqua di fiori d'arancio
  • una stecca di cannella
  • un baccello di vaniglia
  • una manciata di arancio e cedro candito

Fate bollire il latte, il burro e l'acqua con vaniglia e cannella. Quando bolle versate lentamente il semolino girando di continuamente fino ad ottenere una polentina che porterete a cottura. Fatela raffreddare e nel frattempo, montate le uova con lo zucchero, incorporate la ricotta setacciata, aggiungete l'acqua di fiori d'arancio. Aggiungete la "polentina" ottenendo un composto abbastanza solido e liscio. Incorporate i canditi tagliati a pezzetti piccolissimi. Imburrate e infarinate una teglia (per tradizione quadrata o rettangolare) e poneteci dentro il composto, livellandolo bene (per farlo date dei colpetti su un tavolo con lo stampo). infornate a 180° per 35 min tenendo presente che il dolce deve asciugarsi ma rimanere un po' "umido" all'interno. Cospargetelo solo al momento di servirlo di abbondante zucchero a velo.

Anche se burro è zucchero non sono tanti, non fatevi "ingannare", è pur sempre un dolce, è benchè il suo profumo potrebbe stordirci, ricordate che va assunto in modica quantità!

lunedì, ottobre 02, 2006

Aspettando pazienti...

...che venga il tempo di coglierlo, sono gradite ricette con il Melograno.

domenica, ottobre 01, 2006

Affinità

Con le dovute differenze dato che lei è motlo chic e "international", mentre io sono frettolosa e decisamente "terun", ma è un po' di tempo che mi accorgo di avere alcuni punti in comune con Daniela. La quiche di zucchine, oggetto di un suo recente post, ne è l'ennesima prova, ha anticipato di mezza giornata il mio tipico piatto del sabato.
In questo giorno infatti, tendo di solito a preparare qualcosa he può essere mangiata praticamente in qualsiasi momento dato che per me il sabato è la giornata dell' "imprevedibile", deputata com' è a risolvere tutto quello che nella settimana viene rimandato, spesa, pulizie, pagamento bollette etc. (che vita entusiasmante eh?) e il tutto con figliola al seguito, cosa che aumenta decisamente l'aliquota di imprevedibilità...
La quiche di Daniela era "dorata", la mia avrebbe dovuto essere, come da suo suggerimento, argentata. Non sono riusicta a realizzarla così, ma ho aggiunto un ingrediente, il camambert, nella cui scorza ho sempre individuato delle sfumature argentee...non so se basta, ma almeno ci ho provato.
Questa Quiche di zucchine e ricotta con camambert, per preparare la quale suggerisco la brisè di Daniela; io solita frettolosa, giustificata dalla "morte" del robot impastatore e dalla fretta, ho usato della sfoglia già pronta, si prepara così:
  • 2 zucchine medie
  • 300 gr di ricotta
  • 3 uova
  • 100 gr di parmigiano
  • pepe macinato al momento
  • 200 gr di camambert

Tagliete le zucchine a fette sottilissime e lunghe con la mandolina. Sbattete le uova con il pepe e il parmigiano, mescolatele quasi tutte con la ricotta fino a quando non otterrete un composto cremoso al quale unirete le zucchine. Dopo aver foderato una tortiera con la pasta, versateci dentro il composto di zucchine e ricotta, e ricoprite tutto di fettine di camambert. Risvoltate la pasta dai bordi e pennellatela con l'uovo rimasto. Infornate a 180° per 20 min.

Certo in francese sarebbe stata tutta un altra cosa...